Distruzione-Rogo-Proibizione libri da parte della Chiesa/Vaticano

Il primo concilio di Nicea (325) proibì le opere di Ario.

Il papa Anastasio I (399-401) proibì le opere di Origene

papa Leone I (440-461) proibì i testi manichei

Il secondo concilio di Nicea (787) stabilì che i libri eretici rinvenuti dovessero essere immediatamente consegnati al vescovo,

 un altro concilio nell'868 condannò al rogo le opere di Fozio,

nel 1140 furono condannate al rogo opere di Pietro Abelardo e Arnaldo da Brescia,

nel 1239 fu condannato al rogo il Talmud, e

nel 1327 condannate a bruciare le opere di Francesco Stabili.

Concilio a Tolosa nel 1229 giunse a proibire ai laici francesi il possesso di copie della Bibbia;

nel 1234 il concilio di Tarragona, ordinò il rogo delle traduzioni della Bibbia in lingue volgari.
 

 Inter multiplices di Innocenzo VIII (1487), "il primo provvedimento censorio a vasto raggio"[2], volto a limitare la diffusione dei testi stampati, la quale introduceva la censura preventiva, ovvero la necessità per ogni libro che andava in stampa di ricevere una approvazione da parte dei vescovi. Tale compito per il solo territorio di Roma era affidato al Maestro del S. Palazzo. 
 nel 1515 fu la volta della bolla pontificia Inter Sollicitudines, di Leone X, (4 maggio 1515), che istituiva l'imprimatur utilizzato ancora oggi. 
La Facoltà di teologia dell'Università di Lovanio pubblicò suoi Indici negli anni 1546, 1550 e 1552. 
il re di Francia si mosse nella stessa direzione: l'Università della Sorbona (Parigi) pubblicò Indici della censura libraria negli anni 1544, 1545, 1547, 1549, 1551 e 1556

Nel 1542 papa Paolo III istituì la Sacra Congregazione della romana e universale inquisizione (bolla Licet ab initio del 21 luglio 1542), affidandole il compito di "mantenere e difendere l'integrità della fede, esaminare e proscrivere gli errori e le false dottrine". Il primo presidente della congregazione fu il cardinale Giovanni Pietro Carafa, futuro papa Paolo IV. La congregazione pubblicò il primo Indice dei libri proibiti. 


Nel 1543 il Consiglio dei Dieci della Repubblica di Venezia affidò agli Esecutori contro la Bestemmia il compito di sorvegliare l'editoria, con facoltà di multare chi stampava senza permesso


 nel 1549, ad opera di monsignor Giovanni della Casa, fu pubblicato un Catalogo di diverse opere, compositioni et libri, li quali come eretici, sospetti, impii et scandalosi si dichiarano dannati et prohibiti in questa inclita città di Vinegia: l'elenco comprendeva 149 titoli e riguardava per lo più opere tacciate di eresia. Il testo proibiva la pubblicazione delle opere dei teologi protestanti, dei primi riformati italiani che avevano ormai scelto la via dell'esilio (Ochino, Vermigli, Curione, ecc.), dei testi più noti della produzione di area valdese (dal Beneficio di Cristo all'Alfabeto cristiano di Valdés), infine dei classici della polemistica antipapale (come i testi di Marsilio da Padova e le opere di autori coevi residenti in Italia, quali Bernardino Tomitano)
 

 Nel 1557 Paolo IV (1555-1559) incaricò i cardinali inquisitori di redigere un elenco, o indice, dei libri proibiti[5]. Il primo Indice, detto "Indice Paolino"
decreto del 30 dicembre 1558 dell'Inquisizione romana prescriveva, pena la scomunica, «Che nessuno osi ancora scrivere, pubblicare, stampare o far stampare, vendere, comprare, dare in prestito, in dono o con qualsiasi altro pretesto, ricevere, tenere con sé, conservare o far conservare qualsiasi dei libri scritti e elencati in questo Indice del Sant'Uffizio». L'elenco dei libri proibiti (Cathalogus librorum Haereticorum) era diviso in tre parti: a) autori (di essi erano proibite tutte le loro opere); b) libri (conteneva 126 titoli di 117 autori); c) opere anonime[5] (l'elenco comprendeva 332 opere).

Vi erano inoltre elencate 45 edizioni proibite della Bibbia, oltre a tutte le Bibbie nelle lingue volgari, in particolare le traduzioni tedesche, francesi, spagnole, italiane, inglesi e fiamminghe. Veniva condannata l'intera produzione di 61 tipografi (prevalentemente svizzeri e tedeschi): di essi erano proibiti tutti i libri, anche quelli riguardanti argomenti non religiosi, in qualsiasi lingua e di qualsiasi autore; questa disposizione aveva l'obiettivo di scoraggiare gli editori a pubblicare autori protestanti di lingua tedesca[4]. Infine si proibivano intere categorie di libri, come quelli di magia cerimoniale.

Tra i libri inizialmente proibiti c'erano: il Talmud, tutte le opere di Luciano di Samosata, di Agrippa di Nettesheim, di Ortensio Lando, di Guglielmo di Ockham, di Niccolò Machiavelli, Il Novellino di Masuccio Salernitano, il Decameron di Giovanni Boccaccio e il De Monarchia di Dante Alighieri.

Il papa recepì il decreto dell'Inquisizione romana con la bolla Cum ex apostolatus officio, pubblicata il 15 marzo 1559. Gian Pietro Carafa, che da cardinale era stato il primo presidente della Santa Inquisizione, attribuì a quest'ultima e alla sua rete locale l'applicazione delle proibizioni. L'inquisizione scavalcò il potere dei vescovi.


 

Il filosofo Porfirio di Tiro compose un opera in 15 libri denominata Contra Cristiani che purtroppo non si conosce bene e tutta in quanto fu fatta distruggere dall'imperatore romano Costantino nell'anno 323 e.v.

Si conoscono alcune parti dalle confutazioni di alcuni padri della chiesa che ne citavano i passi, come Girolamo ed Eusebio. PORFIRIO (Πορϕύριος, Porphyrius) nato il 232 o 233 e.v.., morto,  a Roma, sul principio del sec. IV e.v. Dal 262 o 263 scolaro di Plotino a Roma, divenne il più illustre dei suoi discepoli, contribuendo largamente, con la sua vasta attività filosofica ed erudita, a consolidare e trasmettere la tradizione del primo neoplatonismo

L'Indice Tridentino (1564)

Il secondo elenco (Indice Tridentino o Index librorum prohibitorum a Summo Pontifice) venne pubblicato durante l'ultima sessione (la XXV) del Concilio di Trento. Recependo un'indicazione del Concilio, papa Pio IV (1559-1565) fece rivedere e aggiornare l'Indice e il 24 marzo 1564 pubblicò la costituzione Dominici gregis custodiae, con la quale approvò il nuovo Indice proibendo la lettura dei libri ivi contenuti.[6] Il nuovo Indice constava di due parti: nella prima erano elencati dieci principi generali che specificavano le categorie di cui si componeva l'Indice; la seconda parte conteneva l'elenco dei libri proscritti[5].

l'Indice Tridentino venne applicato in quasi tutta l'Italia e in gran parte dell'Europa. La Spagna applicò anche l'indice redatto dall'Inquisizione locale, provvista di pieni poteri già dal 1559.

 Papa Pio V istituì nel 1571 la "Congregazione dell'Indice", per tenere aggiornato l'Indice e reinviarlo periodicamente alle sedi locali dell'Inquisizione, da dove veniva diffuso presso tutti i librai.Pio IV introdusse la distinzione tra libri eretici e libri proibiti non eretici, sottomettendo alla giurisdizione vescovile chi avesse letto o posseduto consapevolmente questi ultimi

Nel 1580 a Parma venne redatto uno dei tanti indici locali; vi compaiono, tra gli altri, Ludovico Ariosto, Thomas Erastus, Luigi Alamanni, Pietro Bembo, Domenico Burchiello, Matteo Bandello, Giovanni Sabadino degli Arienti, Giovanni Fiorentino, Giovanni Francesco Straparola, Agnolo Firenzuola, Francesco Sansovino, Arnaldo da Brescia, Arnaldo da Villanova, Gerolamo Cardano, Gasparo Contarini, Anton Francesco Doni, Erasmo da Rotterdam, Lattanzio Firmiano, Olimpia Fulvia Morata, Ortensio Lando, Simone Porzio.


 

 Nel 1596, sotto papa Clemente VIII venne redatta una versione aggiornata dell'indice (Indice Clementino), che aggiunse all'elenco precedente pure opere registrate solo in altri indici europei successivi al 1564.

La condanna ecclesiastica ebbe forti conseguenze culturali e le "espurgazioni", a volte neppure dichiarate, potevano arrivare a stravolgere il pensiero originario dell'autore.

a partire dal 1616 si cominciò a bandire le opere di astronomia di Niccolò Copernico, inserito negl'Indici fino a Ottocento inoltrato.

Le "patenti di lettura", tuttavia, che in teoria avrebbero dovuto essere rilasciate solo a studiosi cattolici di provata fiducia da parte del Santo Uffizio e durare solo per tre anni, col trascorrere del tempo, a partire dalla seconda metà del XVII secolo, poterono ottenersi più facilmente e per una durata illimitata[9]. 

Dopo la metà del XVII secolo, di fatto in alcuni Stati europei la Santa Inquisizione cessò di perseguire la semplice detenzione di libri proibiti 

 Nel 1758 papa Benedetto XIV semplificò le norme da seguire per la condanna dei libri (costituzione Sollicita ac provida, 9 luglio 1753); introdusse il principio del donec corrigatur secondo il quale la condanna veniva sospesa se l'autore stesso emendava l'opera di quei passi indicati come eretici; fu inoltre cancellato il divieto di lettura della Bibbia cattolica tradotta dal latino nelle lingue nazionali.

Leone XIII riscrisse norme in base alle quali una lettura fosse da ritenersi proibita (costituzione Officiorum ac munerum del 25 gennaio 1897); tali norme entrarono immediatamente nell'allora Codice di Diritto Canonico (Codex iuris canonici) dal canone 1385, nel Titolo XXIII: «Censura preliminare dei libri e il loro divieto». In esso veniva stabilita la pena della scomunica «per coloro che pubblicano libri di apostati, eretici e scismatici, che propugnano l'apostasia, l'eresia e lo scisma, e anche coloro che difendono o, senza permesso, leggono [...] tali libri o altri libri proibiti nominativamente»; tale provvedimento spettava alla Santa Sede. Incorrevano nella scomunica semplice «autori ed editori che, senza la dovuta licenza, fanno stampare i libri della Sacra Scrittura o note ovvero commenti a es

 dal 1917 le competenze per la compilazione e l'aggiornamento dell'indice tornarono all'Inquisizione (ribattezzata nel 1908 Sant'Uffizio).

Nei suoi quattro secoli di vita, l'Indice venne aggiornato almeno venti volte (l'ultima volta nel 1959: Index Additus Librorum Prohibitorum, typis polyglottis vaticanis) e fu definitivamente abrogato in seguito alle riforme del Concilio Vaticano II, il 15 novembre 1966, sotto papa Paolo VI

 

L'elenco dell'Indice comprende nomi della letteratura, della scienza e, della storiografia e della filosofia, fra gli altri: Francesco Bacone, Honoré de Balzac, Henri Bergson, George Berkeley, Cartesio, D'Alembert, Simone De Beauvoir, Daniel Defoe, Denis Diderot, Alexandre Dumas (padre) e Alexandre Dumas (figlio), Gustave Flaubert, Ferdinand Gregorovius, Thomas Hobbes, Victor Hugo, David Hume, Immanuel Kant, Jean de La Fontaine, Ernst von Lasaulx, John Locke, Montaigne, Montesquieu, Blaise Pascal, Pierre-Joseph Proudhon, Jean-Jacques Rousseau, George Sand, Spinoza, Stendhal, Voltaire, Émile Zola.

Tra gli italiani - scienziati, filosofi, pensatori, poeti, economisti, storiografi - vi sono Vittorio Alfieri, Pietro Aretino, Cesare Beccaria, Ernesto Buonaiuti, Giordano Bruno, Benedetto Croce, Gabriele D'Annunzio, Antonio Fogazzaro, Ugo Foscolo, Galileo Galilei, Giovanni Gentile, Giulio Cesare Vanini, Pietro Giannone, Vincenzo Gioberti, Francesco Guicciardini, Giacomo Leopardi, Niccolò Machiavelli, Giovan Battista Marino, Enea Silvio Piccolomini (papa Pio II), Antonio Rosmini, Girolamo Savonarola, Luigi Settembrini, Niccolò Tommaseo, Pietro Siciliani, Pietro Verri.
Tra gli ultimi ad entrare nella lista: Simone de Beauvoir, Aldo Capitini, Alberto Moravia, André Gide e Jean-Paul Sartre.

 

L'elenco fu pubblicato più di quaranta volte. Le edizioni più note furono:

1559 (Paolo IV), la prima ufficiale
1564 (Pio IV)
1596 (Clemente VIII)
1607 (Paolo V)
1663 (Alessandro VII)
1711 (Clemente XI)
1758 (Benedetto XIV)
1820 (Pio VII)
1841 (Gregorio XVI)
1851 (Pio IX)
1881 e 1900 (Leone XIII)
1930 (Pio XI)
1940 e 1948 (Pio XII)

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