Il Salvatore Sabazio

La figura del Salvatore trova le sue origini in alcuni culti, miti e divinità elleniche. In particolare la figura trova la sua maggiore espressione nella divinità conosciuta con il nome di SABAZIO (Σαβάζιος, Sabatius). - Divinità traco-frigia con culto in parte simile a quello dell'affine Dioniso con il quale confluì successivamente; assimilato a volte anche a Zeus, in quanto era la divinità suprema di talune tribù tracie, e talora al Sole. Dall'originaria Tracia il suo culto arrivò poi in Frigia di lì si diffuse nelle regioni circostanti, fondendosi con le altre divinità quali in particolare Attis e Mithra. Il suo nome deriva sicuramente dal nome ebraico del Sabato Shabbat. Nel sec. V a.e.v. il culto penetrò in Grecia alimentando la critica di Aristofane e di Demostene e nel II secolo a.e.v. entrò anche nella penisola italica. Il culto del dio comprendeva una parte essoterica e una esoterica. Di entrambe ci è garante Demostene (De cor., 259-60) che parla di una processione diurna che seguiva una cesta e un vaglio, guidata da un sacerdote che agitava in alto sul capo dei serpenti, composta di uomini e di donne coronati di finocchio e di pioppo, marcianti a ritmo di danza, al grido di εὐοῖ σαβοῖ e di ὕης ἄττης; e di una riunione iniziatica notturna nella quale gl'iniziandi (σαβαζιασταί) seduti a terra venivano prima coperti di una pelle di cerbiatto e strofinati con fango e crusca (simbolo di morte), poi rialzati e invitati a pronunziare la formula ἔϕυγον κακόν, εὗρον "ho fuggito il male, ho trovato il meglio" (simbolo di risurrezione). La cerimonia finiva con un matrimonio simbolico tra l'iniziando e il dio, realizzato per mezzo di un serpente di oro che s'introduceva dal collo nel seno e si estraeva dal lembo inferiore della veste (ὁ διὰ κόλπου ϑεός; Clem. Alex., Protr., II, 162).

Sabazio era venerato quale il dio  purificatore, salvatore (σώζων), onnipotente (παγκοίρανος), che in sé riuniva le prerogative e i simboli degli altri dei ed elargiva benedizioni celesti ai suoi adepti, come dimostrano le mani di bronzo atteggiate al gesto della benedizione latina con le tre prime dita tese e le ultime due piegate. Questo gesto, già in uso nei templi semitici, è decaduto poi a valore apotropaico nella pratica dei sabaziasti; infatti nel palmo e sulle dita di dette mani di bronzo sono effigiati animali varî (tartarughe, lucertole, teste di montone, serpenti), falli, pigne, ecc. Assai sviluppato presso i sabaziasti nell'epoca imperiale era pure la credenza nella vita ultramondana concepita come un beato Elisio dove gli eletti siedono a banchetto, come si vede nella tomba del sacerdote sabaziasta Vincenzo nel cimitero di Pretestato in Roma dove un angelus bonus guida la moglie di Vincenzo, Vibia, che poi siede alla mensa dei beati (bonorum iudicio iudicati) dinnanzi a un prato fiorito dove altri beati giocano agli aliossi.

Il culto di Sabazio si diffonde nel sud italiano con forte vigore in particolare in Campania, Puglia e Sicilia in particolare in montagne ed alture per mezzo dell'arrivo di popolazioni elleniche.

Con l'avvento del Cristianesimo quale religione di stato dell'impero romano la figura del Santissimo Salvatore si associa poi con frequenza maggiore alla figura di Gesù che sostituisce la precedente divinità. La figura del Salvatore viene agganciata poi con il nome ebraico Yeshua che era un aggettivo che talvolta veniva dato ad alcuni leader carismatici-politici-militari delle fazioni partigiane (come i Zeloti) che cercavano di liberare la patria di Israele dall'oppressiva e crudele occupazione romana. L'epiteto del Salvatore non appartiene per nulla alla figura messianica di Israele, l'unto, il Re della Casa di Davide.

Anche la famosa MANO PANTEA usata dai Cristiani per identificare la Trinità trae origine dalla mano tipica di SABAZIO IL SALVATORE.

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