Imperatore Giuliano, detto l'Apostata o l'ultimo dei pagani

Nacque a Costantinopoli 331 e.v.. - morì a Maranga, presso Ctesifonte, Persia, nel 363), figlio di Giulio Costanzo e di Basilina. Sopravvissuto insieme al fratellastro Costanzo Gallo alle stragi di Costantinopoli del 337, di cui furono vittime il padre e la maggior parte dei parenti; fu formato ed educato a Nicomedia sotto la guida del vescovo Eusebio. Studiò filosofia e fu come tutti le persone di quel tempo e di quei territori , educato alla fede religiosa e ai dogmi cristiani. Successivamente subì l'influenza di Libanio e specialmente di Massimo, un neoplatonico taumaturgo; si allontanò quindi dal cristianesimo, maturando una concezione religiosa ispirata all'antico politeismo di matrice ellenica.

 La politica Giuliano mirava anche alla restaurazione delle vecchi culti precristiani.  Mosse guerra contro i Persiani che minacciavano i confini orientali dell'Impero: conquistò alcune fortezze e costrinse il nemico a chiudersi in Ctesifonte, ma in uno scontro, colpito da un giavellotto, morì.

Con tutte le sue limitazioni dovute alla mancata conoscenza della lingua ebraica e del vero testo e senso della Torah, l'imperatore romano Giuliano, che conosceva bene il greco antico ed il latino, di cultura greco-romana, nel suo discorso Contra i Galilei(intende i cristiani), afferma:

Poichè pretendono di differenziarsi dagli Ebrei d'oggi, e di essere i veri Israeliti secondo il concetto dei Profeti, ed i soli a credere precisamente sia in Mosè sia negli altri profeti che seguirono dopo di lui in Giudea, vediamo in che cosa con questi più particolarmente concordino. Conviene cominciare da Mosè, il quale essi dicono abbia perfino annunziata la futura nascita di Gesù. Mosè pertanto non una volta, nè due, nè tre, ma moltissime volte comanda di adorare un unico Dio - che nomina anche sopra tutti - e altro dio nessuno. Nomina bensì e angeli e signori e perfino parecchi dèi. Ma accanto a quel Dio Supremo non ne ammette mai un secondo, nè simile nè dissimile, come voi lo avete inventato. Se trovate una sola parola di Mosè in questo senso, voi siete in diritto di citarla. Chè quella frase: «Un profeta vi farà sorgere il Signore Iddio di tra i vostri fratelli, simile a me: e voi lo ascolterete» [Deuter. XVIII 18 sgg.,], non è detta in nessun modo per il figlio di Maria. E se ciò, per amor vostro, si voglia anche concedere, Mosè dice che sarà simile a lui e non a Dio: un profeta come lui, nato dagli uomini, non da Dio. E quell'altro brano: «Non mancherà un principe discendente di Giuda, nè un duce dello stesso sangue di questo» [Gen. XLIX 10], non è certo detto di lui, ma del reame di David; il quale mi par bene essere cessato col re Sedecia. Peraltro la Scrittura ha qui due versioni: «finchè sia venuto ciò che a lui è riservato», o, come voi avete contraffatto: «finchè sia venuto quegli a cui ciò è riservato». Ma è evidente che di tutte queste cose nessuna corrisponde a Gesù. Infatti egli non è neanche della discendenza di Giuda. E come potrebb'esserlo chi, secondo voi, non è nato da Giuseppe, ma dallo Spirito santo? E con Giuseppe stesso, per quanto lo facciate risalire alla stirpe di Giuda, non riuscite però a combinar bene neppure questa impostura, perchè si tradiscono Matteo e Luca, contraddicendosi nella genealogia l'uno con l'altro . Ma su ciò dovendo fare rigorosa indagine nel secondo libro, soprassediamo. Si ammetta intanto che sia un principe disceso da Giuda: non è però un «dio disceso da dio» [IOHANN. VIII 42, 47], come voi pretendete, nè tale che «tutto fu fatto per mezzo di lui, e niente senza di lui» [IOHANN. I 3]. Ma anche è detto nei Numeri: «Sorgerà un astro da Giacobbe e un uomo da Jesse» [Num. XXIV 17]. Senonchè queste parole è ben evidente che si riferiscono a Davide ed ai suoi successori. Poichè era Davide figlio di Jesse [MATTH. I 6; LUC. 31-2]. Se dunque voi volete venire ad una conclusione, trovatemi fuori una sola frase che si presti, di là di dove io ne ho prese tante. Quanto a credere che sia un solo il Dio d'Israele, Mosè dice nel Deuteronomio: «Affinchè tu sappia che signore è il tuo Dio, e questo Dio è unico, e non ce n'è altro fuori di lui» [Deut. IV 35]. E ancora, più avanti: «E vòlgiti bene nell'animo che il Signore Iddio tuo è questo dio nel cielo lassù e sulla terra in basso, e non ce n'è altro fuori di lui» [Deut. IV 39]. E nuovamente: «Ascolta, o Israele, il Signore Iddio nostro è l'unico signore» [Deut. VI 4]. E ancora: «Vedete che sono io e non è altro Dio fuori di me» [Deut. XXXII 39]. Così Mosè, sostenendo non esservi che un solo Dio. Ma questi, forse, mi risponderanno: «Neppur noi ne ammettiamo nè due nè tre». Ed io dimostrerò invece che li ammettono, richiamandomi alla testimonianza di Giovanni: «Nel principio era il Verbo, e il Verbo era presso di Dio. E il Verbo era Dio» [giov. I 1]. Vedi che dice: era presso di Dio [πρὸς τὸν θεόν]. Fosse il figlio di Maria o fosse qualunque altro (per rispondere nello stesso tempo anche a Fotino), ciò non fa differenza, per ora: io lascio a voi di sbrigare la questione; e che Giovanni dica «presso di Dio» e «nell'origine», tanto mi basta per la mia attestazione. Ora: come si conciliano queste parole con quelle di Mosè? Ma, si conciliano - diranno - con quelle di Isaia. Poichè Isaia dice: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figliuolo» [ISAI. VII 14]. Supponiamo che anche ciò si riferisca a Gesù, sebbene non sia detto neanche per ombra. Difatti, non era vergine chi s'era sposata e chi, prima di ingravidare, aveva giaciuto con lo sposo. Ma ammettiamo anche che si parli di lei. Dice però che dalla vergine nascerà un dio? Eppure, voi Maria non cessate di chiamarla «madre di Dio». O dice egli in qualche punto che il figliuolo nato dalla vergine sarà «l'unigenito figlio di Dio» e «il primogenito di tutta la creazione»? [IOHANN. I 18, III 16, 18; I Epist. Ioh. IV 9; Epist. ad Coloss. I 15]. E quel detto di Giovanni: «Tutto fu fatto per mezzo di lui, e niente senza di lui» [IOHANN. I 3], può qualcuno mostrarmelo nelle espressioni dei Profeti? Ciò che invece vi mostro io, uditelo qui appresso dalla loro bocca stessa: «Signore Iddio nostro, prendici: altro dio non conosciamo fuori di te!» [ISAI. XXVI 13]. Anche il re Ezechia così da essi è fatto pregare: Signore, Dio d'Israele, che siedi sui Cherubini, tu sei il Dio solo!» [ISAI. XXVII 16]. Lascia egli il posto per un secondo? Ma se, secondo voi, il Verbo è Dio disceso da Dio e fu prodotto dalla sostanza del Padre, 17 215 216 217 perchè chiamate voi la vergine madre di Dio? Come potè ella partorire un Dio essendo creatura umana come noi? E, oltre a ciò, se Dio dice espressamente: «Sono io e non è nessun altro salvatore, fuori di me» [Deuter. XXXII 39], perchè mai avete il coraggio di chiamare salvatore il figlio di lei? 

Perchè nel vitto non siete voi così scrupolosi come i Giudei, anzi affermate di tutto poter mangiare come dei legumi di un orto, sulla fede di Pietro che - a quanto dicono - ordinò: «Ciò che Dio ha purificato, tu non credere immondo» [Act. ap. X 15]? Ma questo significa forse che una volta Iddio considerava certe cose come immonde, ed ora le ha fatte pure? Mosè, facendo la distinzione dei quadrupedi, disse tutti quelli che hanno l'unghia fessa e che ruminano essere puri; quelli che non sono così, essere immondi [Levit. XI 3]. Se dopo la visione di Pietro [Act. ap. X] il porco è diventato un ruminante, crediamogli: è davvero un gran miracolo che lo sia diventato proprio dopo la visione di Pietro. Ma s'egli ha mentito dicendo di aver avuto questa visione, o, per adoperare le vostre parole, questa apocalisse, in casa del conciatore di pelli [Simone], come potremo dargli fede così presto in materia di tale importanza? Difatti, vi avrebbe Mosè imposto qualcosa di troppo arduo se avesse proibito di mangiare, oltre alle carni suine, anche i volatili e i pesci, dichiarando che pur questi sono respinti e riguardati immondi da Dio?  Ma perchè mi vado io dilungando, invece di guardare se qualche forza sia in ciò ch'essi dicono? Dicono dunque che Dio, dopo la prima Legge, ne ha stabilita una seconda: che quella, scritta per l'occasione, era riserbata ad un tempo limitato: la seconda comparve appunto perchè quella di Mosè era circoscritta nel tempo e nel luogo. Tutto ciò è falso, come io chiaramente dimostrerò, citando di Mosè non dieci ma diecimila testimonianze dov'egli dice che la Legge è eterna. Ecco qui un passo dell'Esodo: «E questo giorno sarà per voi come un monumento; e lo festeggerete come una festa del Signore per tutte le vostre generazioni. Solennemente lo festeggerete, eternamente. Fin dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case» [Shemot. XII 14-5].  

Ma voi siete così disperati da non tener fermo neanche alla tradizione degli Apostoli. Un tale traviamento verso il peggio e verso il maggiormente empio fu opera dei successori di quelli. Infatti, che Gesù fosse Dio non osò dirlo nè Paolo, nè Matteo, nè Luca, nè Marco. Ma solo l'ineffabile Giovanni, quando vide che già molta gente in molte città di Grecia e d'Italia era presa da questo contagio, e udì (credo io) che perfino le tombe di Pietro e di Paolo, sebbene di nascosto, pure erano già adorate, osò dirlo per primo